Allestita nell’innovativo centro espositivo di Fondazione Monteparma, nel cuore del centro storico di Parma, la mostra ALDO TAGLIAFERRO.
Opere nello spazio Rappresentazione tra realtà e memoria, a cura di Cristina Casero, intende analizzare l’importante lavoro di Aldo Tagliaferro (Legnano, 1936 – Parma, 2009), in particolare le sue grandi opere e installazioni, accostate nel percorso espositivo a quelle di altri artisti suoi compagni di viaggio, tra cui Arturo Vermi, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, con i quali a partire dal 1963 condivide l’esperienza del “Quartiere delle botteghe” a Sesto San Giovanni (Mi), così nominato dal suo ideatore, il costruttore edile e collezionista Felice Valadè.
Ad essi si aggiungono poi Bruno Di Bello, Elio Mariani, Gianni Bertini e Mimmo Rotella, insieme ai quali Tagliaferro, nel 1968, aderisce al manifesto della Mec-Art teorizzato da Pierre Restany.
Di Aldo Tagliaferro, fin dagli anni Sessanta, parlano sia giovani critici che storici dell’arte contemporanea di comprovata esperienza ⎯ come Renato Barilli, Luciano Caramel, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles, Giorgio Kaisserlian, Giuseppe Marchiori, Giancarlo Politi, Arturo Carlo Quintavalle, Pierre Restany, Marco Valsecchi, Lea Vergine ⎯ così come teorici del medium fotografico come Daniela Palazzoli, Roberta Valtorta, Giuliana Scimè, Roberto Mutti.
Il pittore, infatti, è indissolubilmente legato alla fotografia quale mezzo di osservazione critica della realtà, come dimostrano, in particolare, due delle opere esposte in mostra, “Analisi di un ruolo operativo” e “Verifica di una mostra”, in cui il suo lavoro fotografico è orientato all’analisi comportamentale del pubblico durante una sua mostra. Tagliaferro, analogamente a Ugo Mulas, utilizza la parola ‘verifica’ per porre l’attenzione sullo statuto di convenzionalità delle immagini e del loro processo di fruizione.
Artista concettuale, Tagliaferro lavora anche sulla frammentazione dell’immagine, sulla sua serializzazione o duplicazione, rientrando appieno con la sua ricerca nel panorama delle avanguardie degli anni Sessanta e Settanta. In questo senso, è emblematico il ciclo “Io-ritratto”, altra opera iconica presente nel percorso espositivo.
Il viaggio in Africa che Tagliaferro compie alla fine degli anni Settanta segna una cesura nel suo lavoro e nel suo rapporto con la critica. Ritorna e sceglie altre strade, anche di vita, pur continuando a presentare personali e a partecipare ad importanti collettive, in Italia e all’estero, che lo collocano stabilmente in quel territorio ancora dai difficili contorni che sta tra arte e/o fotografia.
Tra i suoi ultimi cicli, “Sopra/Sotto-un metro di terra”: da un lato, immagini di cielo, ciascuna diversa; dall’altro, immagini di una buca nella terra di cui viene registrato il progressivo svuotamento. L’artista ritorna all’analisi intimistica con la quale esplora il rapporto tra il proprio io e “l’esterno” in una relazione temporale, attraverso l’utilizzo di tre elementi: il cielo, la terra e il paesaggio.
Nei suoi lavori Tagliaferro usa sempre delle soluzioni formali che aiutano a evidenziare le problematiche; in questo frangente, utilizza due serie parallele di immagini di grandi dimensioni che interagiscono, come in alcuni lavori precedenti, ponendo il fruitore all’interno dell’immagine. Come sostiene l’autore, nella microimmagine è il fruitore che controlla l’immagine, mentre nella macro è l’immagine stessa che interagisce col fruitore.
La mostra, realizzata in collaborazione con Archivio Aldo Tagliaferro (Parma), CSAC – Centro Studi Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma (Parma), Galleria Elleni (Bergamo) e Galleria Niccoli (Parma), si avvale di importanti prestiti concessi da Osart Gallery (Milano), Collezione Luigi Franco (Torino), Collezione Avv. Alessandro Villa (Milano), Collezione Christian La Monaca (Bergamo).